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Tango Loft Udine

“Quando si balla con un’altra persona bisogna vivere il momento, godere delle sensazioni”

Intervista a Pancho Martinez Pey

Oscar Martinez Pey, in arte “Pancho”, è un ballerino professionista, maestro, coreografo e cantante di tango. Inizia lo studio della danza folkloristica nel 1986 e negli anni successivi si approccia allo studio della danza classica, della musica e del canto. Nel tango ha realizzato numerosi spettacoli in tutto il mondo e ha partecipato come maestro e ballerino ai più importanti Festival internazionali.

Dal 2012 svolge tournée internazionali con Lorena Ermocida e a Buenos Aires è docente di tango presso l’Università di Arte e Movimento Inoltre, tiene seminari  permanenti e gestisce uno spazio dove svolge lezioni e organizza pratiche e milongas.

  • Ballerino, musicista, attore, cantante. Nello spettacolo sei un’artista poliedrico, ma nella vita chi è davvero Pancho e perché questo nome?

Pancho: E’ una uomo nato in una famiglia comune. Papà era un infermiere, anche se la sua vocazione principale era fare il chitarrista, mentre la mamma era tecnico di laboratorio. Si sono conosciuti in ospedale.
Il nome Pancho è un soprannome della mia infanzia. Quando nacqui tutti i miei cugini erano iperattivi e facevano sempre confusione, mentre io ero sempre sorridente e tranquillo, così mi chiamavano pancho, che in Argentina significa rimanere tranquillo.

  • Hai iniziato con la danza folkloristica e successivamente hai viaggiato in giro per l’Europa già da giovanissimo. Com’è avvenuto il passaggio tra la danza folkloristica e il tango?

Pancho: Il passaggio è stato difficile e ho dovuto impegnarmi tanto, perché nel folklore si utilizza la forza del piede sul pavimento, un po’ come nel flamenco. In verità però, il mio maestro di folklore mi diceva sempre che quando facevo “il gaucho” sembravo più un signore inglese… Apprendere il tango è costato fatica, ma mi è sempre risultato semplice capire come fare.

  • Reciti, suoni, canti e balli. Che cosa accompagna e lega queste cose?

Pancho: Quand’ero bimbo volevo vedere sempre i film di Fred Astaire e Ginger Roger, i musical degli anni 40/50, adoravo ascoltare mio padre musicista. Mi piaceva tutto ciò che era legato alla musica. Penso che sia una cosa che ho dentro, è nel DNA.

  • Quand’è che hai deciso di diventare un’artista di tango? C’è stato un momento preciso nel quale lo hai capito?

Pancho: Prima di andare in tournée in Europa come musicista, avevo dei dubbi sulla vita da artista e anche i miei genitori mi dicevano sempre di riflettere bene su cosa stavo facendo. Pensai a mio papà, che non diventò un chitarrista perché non volle rinunciare alla sicurezza dello stipendio e scelse di fare l’infermiere. Parlai con amici di mio padre, che erano musicisti ed artisti, e mi dissero di farlo, di avere fiducia. Fu quindi la fiducia in me stesso a permettermi di andare avanti, di voler arrivare a fare ciò che mi piaceva, ciò che sentivo dentro. Fu al ritorno dal primo viaggio in Europa che scelsi di dedicarmi al tango. Tornai a Buenos Aires deciso e quando vidi che i miei compagni che facevano tango erano migliorati tanto mi dissi “io voglio questo!”. Questo mi ha portato avanti, sono tornato in Argentina e non pensavo ad altro: ballare il tango.

  • C’è qualcosa di personale che riguarda il tuo percorso e la tua passione, che vorresti raccontarci perché in qualche maniera ha caratterizzato anche le tue scelte?

Pancho: Vi racconto un’aneddoto meraviglioso: Quando ero bimbo avevo una maestra con la quale svolgevo sempre attività artistiche, che mi stimolava a creare, a esprimere il mio senso creativo. Da adolescente cambiai le scuole, feci la scuola amministrativa, e dopo ancora arrivò il momento di scegliere l’università. Fu in quei giorni che  incontrai di nuovo la mia maestra d’infanzia, che mi chiese cosa avevo scelto di fare nella vita, ed io ho gli dissi l’economico o forse l’informatico. La maestra mi rispose “Ah, guarda te, ero certa che saresti diventato un artista”. Questa frase fu come un colpo in testa, mi lasciò confuso e suscitò in me dei ripensamenti. Passarono gli anni e un giorno ero in un locale di spettacoli di tango (dove i turisti vanno a cenare mentre guardano uno spettacolo). In quel periodo nello spettacolo ballava Gavito con la Duran. Gavito quella sera non c’era e nessuno faceva il primo ballerino, perciò chiesero a me. Alla fine dello spettacolo un uomo mi disse ”Pancho ti hanno lasciato un biglietto.” Lo aprì e lessi: “Io che sono venuta a vedere Gavito, ti vedo ballare sul palcoscenico come i migliori. Ti aspetto su. La tua maestra”. Io non ci potevo credere. Sono andato immediatamente su e mi sono seduto di fronte a lei senza riuscire a parlare. La guardavo immobile. Lei era emozionata, felice, e rideva per la mia espressione. In quel silenzio ci siamo detti tutto…

  • C’è un film, “Un ultimo tango” dove sei attore. E’ un film che è stato distribuito in tutto il mondo. Al di là della critica, pensi che questo film avrà un peso culturale come lo hanno avuto altri film cult sul tango?

Pancho: E’ un film intenso, che parla della vita. Si racconta la storia di Maria Nieves e Juan Carlos Copes, che sono la coppia di eccellenza che abbiamo nel tango, ma in realtà non parla del tango, parla della vita, di quello che succede alle persone. Sicuramente molti si identificheranno nei racconti, perché è una storia vissuta, unica per alcuni aspetti, ma anche ricca di sentimenti comuni, come lo sono le vite di ognuno di noi. Il regista è stato molto intelligente a cogliere i momenti più significativi e il risultato è un film intenso che ti colpisce dall’inizio alla fine.

  • Nelle scene finali del film si rivedono le immagini dell’omaggio dedicato a Maria Nieves in occasione del “Mundial de Tango 2012”. In quell’occasione ballò con tutti i precedenti campioni del mondo e chiuse lo spettacolo ballando con te. Fu evidente la sua emozione, ancora più forte quando Juan Carlos Copes salì sul palco per complimentarsi con lei. Raccontaci i retroscena di questa fantastica esperienza. Come si preparò Maria Nieves prima di entrare e cosa ti disse dopo?

Pancho: Maria era molto nervosa. Abbiamo ballato altre volte insieme e lei è sempre nervosa prima di ballare, è il suo modo di prepararsi. Andò tutto benissimo e le fece molto piacere l’incontro con Copes, era contenta. Mi disse che non sperava  assolutamente, ne poteva immaginare, che Copes salisse sul palco quella notte.

  • Parliamo di ballo, ti chiediamo un consiglio per gli uomini. Qual’è la cosa più importante che un uomo deve fare per ballare bene con una donna?

Pancho: L’uomo deve prima di tutto trovare il proprio ballo per poi poter far ballare e mettere in risalto la donna. Quando si balla con un’altra persona bisogna riuscire a vivere il momento, godere delle sensazioni, senza preoccuparsi del livello o dei passi che si stanno facendo. Essere, sentirsi ed esprimersi in ogni instante, senza pensare ad altro che alla donna e alla musica.

Intervista di:
Benvegnù Elisa
Palombini Alessandra